Adelchi, una morte annunciata: 701 dipendenti finiscono in mobilità
Senza alcun preavviso, il gruppo ha aperto le procedure per i lavoratori di tutte le aziende, compresi una parte della Sergio's. All'orizzonte si profila anche il rischio della fine dei fondi per la cassa integrazione regionale
LECCE - Il proprio “addio” al territorio, l’impero tricasino delle calzature sembrava averlo dato già da tempo. Dopo la delocalizzazione di una parte delle attività all’estero, le vicissitudini legali attraversate dal patron Adelchi Sergio ed i lavoratori collocati da anni in regime di ammortizzatori sociali, la notizia dell’apertura delle procedure di mobilità non è esattamente “un fulmine a ciel sereno”.
Eppure il fax che apre le porte al licenziamento, coglie tutti impreparati. Nessun incontro preventivo, nessuna verifica sindacale. La proprietà si muove autonomamente rispettando i soli termini di legge: 75 giorni prima della scadenza degli ammortizzatori sociali, per 701 lavoratori si affievoliscono anche le ultime speranze di una svolta positiva. Anche se era rimasto ben poco su cui contare: un accordo di programma del 2008 per il rilancio dell’intero comparto Tac, costato 40 milioni di euro suddivisi tra Stato e Regione, che non ha avuto alcun esito in termini di ricollocazione delle maestranze.
Innumerevoli gli incontri, le proteste, le occupazioni, gli attestati di solidarietà dal mondo politico caduti nel vuoto. Così quel grido di dolore degli operai che hanno sempre rivendicato il diritto al lavoro – ben oltre il sussidio statale prima e regionale poi – è rimasto, semplicemente, inascoltato.
La realtà dei numeri parla chiaro. Questo il conteggio dei lavoratori per cui si apre la mobilità, suddivisi tra le varie aziende del gruppo: 113 di Nuova Adelchi, 333 di Crc, 75 di Csc Plat, 92 di Knk, 88 di Magna Grecia. Persino la Sergio’s di Specchia, unico faro nel buio, colloca in mobilità 48 persone su 138.
Si può parlare di un preavviso di chiusura anche per l’ultima roccaforte del vecchio impero Adelchi? “Può darsi, con quei numeri sarà difficile mantenere in piedi la produzione”, conferma il sindacalista Cisl, Sergio Calò. Ed i problemi sembrano appena cominciati se è vero che esiste un concreto dubbio sull’erogazione degli ultimi mesi di cassa integrazione in deroga: “La notizia ufficiosa è che i fondi sono finiti. Ma dalla Regione Puglia non ci forniscono notizie precise”.
Domani, intanto, presso Palazzo dei Celestini si tornerà a discutere della situazione di paralisi ed eventuali prospettive che riguardano l’intero comparto tessile, abbigliamento e calzaturiero del Salento. Ripartendo dall’unica prospettiva possibile: il lavoro.