La città ferita scende in piazza. “Giù le mani dal nostro ospedale”
La comunità gallipolina agguerrita contro i tagli al Sacro Cuore. Operatori sanitari e politici promettano battaglia. Il sindaco Errico e il Pdl insieme per difendere “il diritto alla salute”. In piazza mamme, bimbi e parroci
GALLIPOLI – Una città ferita nell’orgoglio e nei servizi primari, scende in strada e nelle piazze. E urla a squarcia gola la sua rabbia. “Giù le mani dal Sacro Cuore di Gesù”, un imperativo categorico. Un grido di dolore. Un monito duro e circostanziato. “Governo regionale giù le mani dal nostro ospedale!”. Un messaggio chiaro e inequivocabile parte dai meandri della Città bella, in un sabato pomeriggio ancora assolato e caliente. Per difendere le ragioni e i “numeri” del Sacro Cuore di Gesù, la battaglia è a viso aperto. Con la città brulicante di turisti e dagli eventi di inizio estate, la comunità gallipolina si desta. Anche se inizialmente a fatica, sgomita e urla il suo malcontento. E scende in piazza e in strada, per manifestare, stavolta compatta e senza steccati ideologici e partitici che tengano, le ragioni del suo dissenso. Urlato a squarcia gola dai bambini, quei “figli” nati nell’ospedale gallipolino, che con fischietti colorati, coccarde e slogan ridondanti fanno da apripista al corteo dei manifestanti. Dietro di loro le rappresentanze politiche e istituzionali a fare da capisaldo e baluardo a difesa dei propri cittadini depredati di servizi e reparti vitali per il territorio. Per dire che la politica locale, c’è e combatte oltre i colori e vessilli di appartenenza. Dal sindaco di Gallipoli, Francesco Errico, al deputato cittadino Vincenzo Barba, ai sindaci dei comuni vicinori, Pippi Nocera, Daniele Ria, Donato Metallo egli altri amministratori del comprensorio. E a dar manforte i consiglieri regionali Antonio Barba, Pietro Iurlaro e Maurizio Friolo, vicepresidente della commissione Sanità e il consigliere provinciale Sandro Quintana.
Ma la vera anima sono loro, gli operatori dell’ospedale che su input di Giacinto Scigliuzzo del “Comitato Ospedale di Gallipoli” dettano i tempi. Ci sono i medici e le infermiere, il personale paramedico, le ostetriche e anche le mamme gallipoline a sbraitare ed invocare “rispetto e dignità” per il presidio del Sacro Cuore di Gesù. Sono loro a issare lo striscione principale che biblicamente interroga sulle scelte dei politici: “Giuda si vende per 30 denari. Voi per quanto?”. Il concetto è esplicito. Qualcuno ha svenduto l’integrità del Sacro Cuore di Gesù di Gallipoli in nome e per conto di una vile spartizione politica? La risposta è ardua. La protesta incalza. Dal raduno in piazza Moro, alle falde della fontana antica e del seno del Canneto, risalendo il corso Roma a ritroso, il serpentone dei manifestanti, dopo le prime titubanze, cresce a dismisura. Ci sono anche alcuni parroci che serrano le fila. Il diritto alla salute è davvero a rischio. La rabbia è urlata con veemenza, perché a rischio non c’è solo il punto nascita incautamente “tagliato” dalla fase due del Piano sanitario (licenziato solo dalla giunta regionale e non anche dall’assise di via Capruzzi), o la mancata attivazione della Rianimazione. In gioco c’è il futuro dell’intero ospedale che la comunità di Gallipoli e del suo hinterland vuole difendere a denti stretti. Senza cedere il passo.
Quando il corteo giunge nella centralissima piazza Tellini, la marea umana trabocca all’ombra del palco e della omonima chiesa del Sacro Cuore di Gesù. Ora si contano oltre duemila persone che si addensano e applaudono, mentre gli interventi dei politici e degli amministratori sul palco gridano vendetta e trasudano, metaforicamente, lacrime e sangue. A seguire le vicende della protesta pubblica anche i pazienti e le partorienti del reparto di Ostetricia e ginecologia e del nosocomio tutto grazie alla diretta televisiva garantita dall’autoctona emittente locale Teleonda.