Segnalazioni

L’antica bottega di cartapesta del maestro Antonio Malecore non c’è più… rimarrà sempre nel mio cuore

Di Maria Grazia Presicce

La stupenda città di Lecce conserva un fascino inconfondibile con le sue chiese e i tanti monumenti barocchi sparsi tra le tortuose viuzze, le tranquille piazzette e le corti del centro storico. T’incammini tra gli intimi luoghi e basta sollevare lo sguardo per far parte dell’arte degli antichi scultori salentini artefici del caratteristico barocco nel tripudio di putti, volti, statue, fasci di fiori, cesti di frutta che adornano le facciate delle chiese, l’ingresso dei palazzi, i balconi, i tipici mignani e le tante figure grottesche che, allo sguardo di chi li contempla, paiono animarsi e invitare a sostare.

Tra queste vecchie stradine, percorrendo Vico degli Alami ci s’immette nella piazzetta Innocenzo XII un accogliente spiazzo sovrastato da un lembo di cielo azzurro dove in primavera ti ritrovi tra voli radenti di rondini nel loro incontenibile e gioioso garrire. Sembra, la piccola piazza, lo scorcio di un paesino dell’entroterra: ne ha tutte le caratteristiche. Le basse case che la racchiudono hanno finestre ornate da tendine di pizzo, alcuni portoni sovrastati da balconi in pietra leccese dominano le basse dimore e, proprio qui, in un angolo al numero quattordici, quasi appartata, si trova una delle più antiche botteghe di cartapesta: quella del Maestro Antonio Malecore.

Si entra da un vecchio portale che dà in un breve cortiletto di pochi metri illuminato al mattino da un raggio di sole che a malapena riesce a penetrarlo regalando un breve chiarore oltre la porta finestra dove, su una stinta targhetta, si legge: “MALECORE BOTTEGA DI CARTAPESTA”. Entri e ti blocchi... lo sguardo si deve assuefare alla penombra che, improvvisa, t’avvolge per poi stupirti dinanzi alle meraviglie che la stanza racchiude. Qui sembra che il tempo si sia davvero fermato…ti ritrovi, quasi su un palcoscenico, tra Santi, Crocifissi e Madonne in un’atmosfera inconsueta…quasi in un sogno e comunque fuori dal tempo! Sul lastricato irregolare e scuro ti accolgono le statue che pur nella loro fissità ti danno il benvenuto e tu rimani, per un attimo, stranito. Solo statue t’accolgono, restaurate e no.

Quelle restaurate, dai nuovi piedistalli, paiono guardare benevolmente le loro sorelle decrepite e rassicurarle che sono al sicuro e che il Maestro saprà riportarle all’antico splendore. La scenografia prosegue varcando una porta aperta che introduce in un vano più scuro. Qui la luce penetra a stento da una stretta finestrella che affaccia su un lungo e stretto cortile. C’è proprio un fiotto di luce che filtra e tarda ad illuminare le alte volte a stella impolverate e a tratti stonacate e corrose dal salmastro e dall’umidità. Alcune ragnatele pendono dal soffitto e dai muri e s’intonano all’ambiente in disordine.

Sui vari mobiletti e tavoli centrali o addossati alle pareti regna un’allegra confusione di oggetti vari e strumenti da lavoro. Sulle scansie sistemate lungo i muri ci sono statuine, volti, mani di varia misura, gambe, piedi e altri manufatti in terracotta e cartapesta…in maggioranza sono pezzi di ricambio in attesa di impianto. Da questa sala si accede nel laboratorio del Maestro pervaso di vari odori: colori ad olio, carta bruciata, ponnula ed altre sostanze indispensabili. Lui intento e attento al suo fare saluta senza interrompersi. Quest’ambiente è il cuore della bottega, l’angolo prediletto dal Maestro Antonio Malecore dove crea i suoi capolavori e restaura le antiche statue di Angeli, Santi e Madonne che li vengono commissionate. La stanza che più m’affascina è, però, l’ultima in fondo al cortile. Qui è come entrare in un sepolcro e sono in pochi ad avere accesso.

L’ambiente non è molto grande; sulle vecchie scansie sistemate lungo i muri sono appoggiati antichi calchi di visi, mani, piedi e tantissimi altri manufatti di ogni sorta tramandati da padre in figlio dalla famiglia Malecore che avviò a Lecce la prima fabbrica di cartapesta (1911). Questo luogo è un vero scrigno di tesori che il maestro continua ad impiegare allo stesso modo del nonno e di suo padre. Anche i gesti e i movimenti del Maestro, per realizzare le opere, sono gli stessi da secoli e persino gli attrezzi da lavoro sono quelli antichi. Lui non ama adoperare gli strumenti della moderna tecnologia, continua a prediligere quelli usati dai suoi avi maneggiandoli con tale naturalezza e maestria che è un piacere osservarlo mentre, con meticolosa perizia, attende alla sua arte instancabilmente dal mattino fino a sera, cosicché ogni opera creata o restaurata diviene una sua creatura tanta la passione e l’amore che vi dedica.

Nella bottega regna armonia e rispettoso silenzio e frequentandolo e vivendolo il suo fascino ti avvolge nell’arte, cultura e tradizione, valori impregnati su quelle mura e che tanto ammaliano chi ha la fortuna di farne parte. Grazie a queste caratteristiche la bottega di Antonio Malecore è divenuta, per gli amanti dell’arte, punto di riferimento, quasi cenacolo. E’ quasi un richiamo il ritorno nella bottega, un appuntamento col maestro per ritrovare semplicità, cordialità, schiettezza e tenacia che danno senso e arricchimento all’umano vivere in un mondo che conduce sempre più verso l’esteriorità e la superficialità dell’essere vita.


Si parla di