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Gasdotti e investimenti, tra divisioni e scenari: intervista al sindaco di Trepuzzi

Il fronte dei sindaci salentini è spaccato: Giuseppe Taurino ha lanciato l'iniziativa di una partecipazione al tavolo interministeriale con Tap e Snam che ora mettono sul piatto circa 50 milioni di euro

Il sindaco Taurino durante l'intervista.

TREPUZZI – Ha fatto molto discutere in queste settimane autunnali l’iniziativa partita dai sindaci Giuseppe Taurino di Trepuzzi e Mario Accoto di Andrano, avallata dal presidente della Provincia, Antonio Gabellone, di promuovere una presenza istituzionale locale al tavolo interministeriale sugli investimenti legati ai gasdotti Tap e Snam.

Si tratterebbe di risorse aggiuntive, ha detto il governo, slegate dal tema delle compensazioni che direttamente riguardano da una parte i soggetti privati che realizzano le opere e dall’altra le amministrazioni i cui territori sono attraversati dai tracciati. Eppure per ora, in quella sede romana, sono solo Tap e Snam che hanno avanzato proposte, per un totale di circa 50 milioni di euro, mentre per gli interventi statali che dovrebbero essere a carico della fiscalità generale ci sono solo impegni verbali relativi al redigendo piano nazionale di decarbonizzazione.

Taurino, Gabellone e Accoto hanno preso parte a due incontri, l’ultimo mercoledì scorso: a Roma hanno portato un documento discusso, non facilmente, con altri 35 sindaci. Nella prossima seduta dell’assemblea dei sindaci di Palazzo dei Celestini si capirà qual è la reale compattezza di questo fronte "dialogante", posto che già nell’ultima seduta sono emerse delle differenze con chi non intende lasciare da soli i primi cittadini, a partire da quelli di Melendugno e Vernole, impegnati in una opposizione totale al gasdotto Tap.

Al sindaco di Trepuzzi, accusato di “svendere il territorio” abbiamo posto alcune domande e la stessa cosa faremo nelle prossime ore con Marco Potì, primo cittadino di Melendugno.

Video: Potì e Taurino a confronto

Cosa pensa del progetto Tap e dell’approdo a San Foca?

Io ho avuto sempre una posizione contraria, ma bisogna domandarsi perché si è arrivati a individuare San Foca e questo certamente non va chiesto a me, ma al governo, alla Regione e alle amministrazioni che allora dovevano dire sì o no. Io ho sempre detto no a qualsiasi ipotesi per una ragione molto chiara: quella energia non serve né al Salento né alla Puglia che ne produce in eccesso, ma tutto questo non doveva essere discusso ai tempi in cui si sono fatte quelle scelte? Perché ce lo troviamo lì? Perché perdiamo tutti i ricorsi che sono stati presentati? Queste sono le domande che io rivolgo a chi dice che l’opera si poteva evitare.

Sta dicendo che c’è stata una latitanza, consapevole o meno, nei passaggi fondamentali?

Io ho fatto una battaglia in consiglio regionale negli anni in cui nascono le scelte: ricordo la Regione adottò provvedimenti favorevoli a eolico e fotovoltaico senza negoziare col governo l’ipotesi di una riduzione del carbone. Lo stesso errore è stato fatto col gasdotto, forse perché si sapeva di non poter dire di no alla fine, ma a un certo punto nessuno ha preso una posizione chiara lasciando che le cose andassero avanti automaticamente, come se poi per volontà divina dovesse sistemarsi. É il gap che cerchiamo di recuperare oggi cercando di negoziare, a cose prutroppo fatte, uno schema in cui i Comuni tornano protagonisti sul tavolo istituzionale e si mettono a discutere con governo e Regione di questo territorio in materie di energia, ambiente e sviluppo.

Accusano lei e gli altri sindaci favorevoli alla mediazione di essere esclusivamente interessati alle compensazioni economiche, come se fosse una spartizione del bottino. Come risponde?

La ritengo un’accusa infondata. Nel momento in cui solidarizzo contro il progetto Tap lo faccio perché la premessa è che quell’opera interessa tutti, invece nel momento in cui mi siedo col governo per parlare di una vertenza complessiva sul Salento, cioè di tutto ciò che riguarda la produzione di energia, allora vengo accusato di invasione di campo. La contraddizione è di chi la fa l’accusa, non di chi segue un percorso logico. Quando il governo vince la partita dei ricorsi in tutte le sedi ed è chiaro che l’opera approderà lì, ritengo opportuno che sul percorso del metanodotto si debba discutere e in questo il mio territorio è interessato perché limitrofo ad una zona, a noi molto cara, attraversata dal tracciato, tutta la dorsale Lecce-Surbo-Casalabate.

Dopo l’incontro di ieri, ritiene sufficientemente rassicuranti le parole del ministro De Vincenti?

Per natura ritengo che i tavoli servano a chiarire tempi e modalità certe alle cose che si chiedono e a quelle che si faranno. Noi abbiamo avuto un problema: la Regione presente solo in veste di mero osservatore, i Comuni sono stati estromessi o per scelta hanno rifiutato il confronto col governo, chi dunque ha trattato la questione Salento? Se io vado a un tavolo romano e trovo seduti Confindustria nazionale e regionale, sindacati regionali e non c’è alcun salentino, chi va a dire cosa bisogna fare per questo territorio? Noi abbiamo chiesto un impegno e la risposta sul documento redatto dai sindaci in rappresentanza di circa 400mila abitanti è stata positiva: ai primi di dicembre il ministro De Vincenti viene a discutere con noi dei temi posti. É dal 2009 che si parla di Tap, sino ad oggi nessuno aveva mai discusso ad un tavolo un tema a noi caro, quello dello sviluppo e dell’ambiente.

Ma non si doveva attendere la fine dell’iter autorizzativo del metanodotto Snam? Così sembra quasi una resa preventiva.

C’è già un tavolo che sta avanzando, senza la nostra presenza. E noi siamo andati lì con un documento, comprensivo delle varie posizioni emerse in assemblea a Palazzo dei Celestini lunedì scorso. Ma il tavolo era già convocato perché Tap e Snam parlassero dei loro progetti di investimento: a fronte delle loro proposte noi abbiamo detto che prima riferiremo all’assemblea dei sindaci, che discuterà e deciderà, e poi si parlerà eventualmente di compensazioni. Il fatto che ci interessa di più ora è la presenza del governo a Lecce e l’avere un luogo di discussione aperto che sino ad oggi non c’è mai stato, cioè l’assemblea dei sindaci che è un organo istituzionale rappresentativo della provincia.

Crede veramente che sulla decarbonizzazione, che è la richiesta principale che avete avanzato, l’impegno del governo si trasformi in provvedimenti certi e concreti?

Io non ho mai creduto alle multinazionali e non amo sedermi a parlare con loro, però credo nel ruolo delle istituzioni e visto che sono sindaco di Trepuzzi e presidente dell’Unione dei Comuni del Nord Salento il mio compito è quello di fare gli interessi del territorio: qui la questione della decarbonizzazione è molto sentita. Il governo sul punto è stato chiaro: preparerà tramite il ministero allo Sviluppo Economico un piano nazionale, con tempi e modi che De Vincenti ci indicherà probabilmente per l’assemblea di dicembre. La preoccupazione prevalente è che, oltre a stabilire tempi e modi della chiusura di Cerano, bisogna stabilire un percorso di bonifica perché la cosa più pericolosa è che la centrale si fermi e nessuno faccia nulla. Quello è un tema sul quale intervenire preventivamente.

Il fronte delle amministrazioni locali è spaccato: una parte radicalmente contraria, senza se e senza ma; un’altra parte che, con convinzioni e velocità diverse, ha preso una iniziativa che ha fatto discutere e che rischia comunque di indebolire la capacità di interlocuzione e che proprio quello che lei dice di voler affermare. Che messaggio manda ai sindaci che hanno scelto la posizione più intransigente?

Io vengo da una cultura in cui la ragionevolezza è l’essenza della politica, dove la capacità è di sedere nei tavoli istituzionali e di farsi promotore di una propria iniziativa prevale sulla logica della semplice denuncia. Chiedo ai colleghi di non assecondare la vena populista che sembra pervadere il paese, di non delegittimare il lavoro delle istituzioni e di rimediare agli errori che vengono da lontano, vedi Cerano, vedi Tap, vedi altre situazioni in cui invece di dialogare si è deciso rompere salvo poi ritrovarsi comunque opere dannose per la nostra regione e in particolare per il Salento. Io credo che i numeri che in questo momento danno l’impressione di una spaccatura possano modificarsi con l’appello alla ragionevolezza. Io non amo offendere e non mi piace essere offeso: quello che dico ai sindaci direttamente interessati è che un tavolo istituzionale aiuta a capire le ragioni di tutti dopo di che si trarranno le loro conclusioni. Gridare non serve a risolvere i problemi, tragica è stata l’ultima esperienza dell’epidemia di Xylella in cui si è urlato al vento che tutti fossimo mafiosi, che avessimo o coprissimo chissà quali interessi: oggi la devastazione prodotta dal batterio è sotto gli occhi di tutti, con le istituzioni incapaci di governare quel processo e di assumersi le proprie responsabilità.


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