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"Ex Saspi, bomba ecologica". Da FdI-An interrogazioni e un esposto in Procura

Si moltiplicano le iniziative per fare luce sul caso dell'inceneritore dismesso, dove vi sono però ancora possibili rifiuti pericolosi interrati. In un'interrogazione parlamentare, in una petizione in Regione e con un esposto in Procura, le sollecitazioni alle istituzioni a muoversi in fretta

LECCE – Si moltiplicano le iniziative riguardanti l’ex inceneritore della Saspi e dopo l’appello lanciato a luglio dallo Sportello dei diritti e l’interrogazione avanzata nei giorni scorsi dalla senatrice Daniela Donno del Movimento 5 stelle, contemporaneamente si sta muovendo su più fronti anche Fratelli d’Italia-An. 

Oggetto della discussione è in particolare l’area privata intorno alla struttura ormai in disuso che si può “ammirare” dalla tangenziale est di Lecce, all’altezza dello svincolo per Lizzanello. I lavori di messa in sicurezza del vecchio inceneritore sono partiti nel 2012, ma per quando riguarda i terreni, si teme possano esservi rischi di contaminazione della falda.

Anche Fratelli d’Italia-An ha preso di petto la questione, dunque, e durante la seduta del 12 settembre presso la Camera dei deputati il capogruppo Fabio Rampelli ha presentato un’interrogazione parlamentare, sollecitando un duplice controllo sia sull’impatto ambientale, sia sui possibili danni alla salute dei residenti nelle aree vicine.

“Attualmente nell’area si registra un grave stato di degrado ambientale dovuto alla presenza di collinette di spazzatura e, in particolare, di una alta alcuni metri che conterrebbe circa centomila tonnellate di materiali pericolosi, comprese ceneri di cui si ignora la composizione e la provenienza”, ha rilevato Rampelli. “La presenza di sostanze nocive nell’area – ha proseguito - mette a rischio la salute dei residenti della zona. In seguito alla dismissione dell’inceneritore l’area ha rappresentato per anni una sorta di discarica incontrollata  dove chiunque poteva accedere per smaltire rifiuti di ogni genere”. 

Da qui il quesito posto ai ministeri dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare e della Salute, ovvero “se siano a conoscenza dei risultati sinora accertati sui campioni del terreno, e quali urgenti iniziative intendano assumere, anche tramite il comando dei carabinieri, per la tutela dell’ambiente e per verificare lo stato dei luoghi nell’ottica di tutelare le popolazioni dai rischi dell’inquinamento ambientale”.

Nel contempo il dirigente territoriale del partito in provincia di Lecce, Tiziana Montinari, ha inviato presso la Regione Puglia, all’attenzione della presidenza del Consiglio e dell’assessorato all’Ambiente, una petizione, rimarcando come sia “visibile a chiunque percorra la tangenziale est nei pressi dello svincolo per Lizzanello un avvallamento occultato da uno strato di argilla, tombata nello stile canonico dello sversamento illegale” e ricordando che “nel marzo 2013 il procuratore aggiunto Ennio Cillo  ha aperto un fascicolo sulla vicenda per fare chiarezza sulle zone d’ombra che riguardano l’ex inceneritore, anche nei confronti dei cinque dirigenti dell’impianto, incaricando i carabinieri del Noe, coordinati dal maggiore Nicola Candido, e nominando consulenti della procura il dottor Mauro Sanna, chimico, ed il dottor Cesare Carocci, geologo”.

Al momento le ipotesi di reato son di gettito pericoloso di cose, danneggiamento, omessa bonifica fino all’avvelenamento della falda acquifera. Alla Regione la richiesta quindi non solo di vigilare, ma anche di “di mettere in atto tutte le procedure affinché si proceda alla messa in sicurezza dell’intera area, e un accertamento tecnico che rilevi lo stato reale di contaminazione dell’ambiente al fine di impedire che quella che appare come una “bomba ecologica” pronta ad esplodere possa continuare a produrre danni” e di una “bonifica  per ripristinare in sicurezza i siti ormai inquinati”, valutando anche “le possibilità di una conversione ad altra destinazione d’uso”. 

La stessa Tiziana Montinari ha anche inviato un esposto presso la Procura di Lecce, sollecitando anche in questo caso le procedure per una messa in sicurezza dell’intera area e un accertamento tecnico che rilevi lo stato reale di contaminazione dell’ambiente. 


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