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Martedì, 30 Aprile 2024
Cultura

Terzapagina. Il tarantismo e l'origine della musicoterapia nel libro di Viglione

Un testo scritto da un medico pugliese, toscano d'adozione, che ricostruisce (per beneficenza) la "malattia" che per secoli ingannò l'Europa, ma accrebbe l'interesse della scienza per la musica e i suoi effetti sul corpo umano

Può il morso di un ragno portare alla pazzia, all'isteria, al ballo sfrenato? Può farlo solo in una determinata terra e a un determinato popolo? Per secoli la medicina ha creduto di sì, e ha acconsentito a curare il tarantismo con poco più di una banda di musicanti. È l'incredibile storia che rende tanto affascinante la pizzica salentina, la musica che nel 1700 divenne celebre in mezza Europa proprio perché – così pareva – era capace di guarire i malati: ed è dunque anche l'incredibile storia della nascita della musicoterapia.

A narrarla, nel dettagliato volume “Il Tarantismo”, 344 pagine edite da Pacini, è il professore Arturo Viglione, ginecologo pugliese ma toscano d'adozione, celebre specialista in tema di fertilità e appassionato ricercatore. Viglione traduce dal latino diverse testimonianze dell'epoca, tra cui l'edizione postuma (1736) del trattato “Lucae Tozzi Medicinae”, che parla proprio del “Morbus Tarentinus”, considerato nel XVIII secolo un male endemico proprio della Puglia, di Taranto e del Salento. Un ragno trasportato altrove sarebbe infatti stato innocuo, dicevano i medici. Perché, come fa notare

Giorgio Baglivi, Dalmata di Ragusa in terra leccese, “al temperamento del clima assomiglia quello degli abitanti: (…) caldi, magri, irrequieti, facilmente irascibili, dormono poco, sono intelligenti e instancabili infophoto_2013-06-08_224828252_low_p0001449000-2lavoratori (...e quindi) predisposti alle febbri elevate, alle pleuriti e ad altre malattie infiammatorie, ma anche ai deliri e alle agitazioni d'animo”. In Puglia poi, c'era l'amore verso la musica e dunque chi, se non i pugliesi, poteva pensare di curare un morbo danzando?

L'autore indaga quei tempi e quelle storie con una profonda ammirazione per i medici che, in tempi così lontani, si dedicavano con tenacia a studiare i tarantati e a curarli, anche se  ne risultavano immancabilmente sconfitti e venivano spesso messi da parte - dopo essere stati chiamati dai parenti al capezzale di un malato - per fare posto ai musicanti. La speranza di far guarire questi sintomi così “strani” però restava salda tra gli studiosi.

Scriveva nel 1643 il tedesco Athanasius Kircher: “alcuni corrono, altri, ridono, altri piangono, altri dormono o soffrono d'insonnia, (…) tutti sono presi da frenesia, sono furiosi, sembrano impazziti”. “Mostrano i genitali, si strappano i capelli, si lanciano in mare”, continuava Ferdinando I in tempi più recenti. “Senza la musica poi – fa notare Nicola Perotti già nel 1400 – tutti morirebbero, chi ridendo, chi piangendo”.

Il tarantismo mette insieme la sofferenza umana e la melodia salvifica, spiega Viglione. “Il suo merito innegabile – continua – è quello di aver lasciato una straordinaria eredità culturale, grazie alla quale, già nel XVII secolo, molti studiosi europei vollero verificare se la musica potesse offrire gli stessi benefici anche nel caso di altre malattie. Con le loro ricerche, determinarono la rinascita della musicoterapia”.

I proventi del libro9788863154078g-2 sono interamente destinati all'ospedale Muhura, a Muhura, Rwanda, dove opera il medico missionario italiano Lido Stefani.

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