Droga, usura, estorsioni: tra conflitti e accordi, nuovi assetti criminali sul territorio salentino
La relazione relativa al secondo semestre del 2012 della Direzione investigativa antimafia traccia una profonda analisi delle province salentine di Lecce e Brindisi, fra cui emerge un collegamento. Vuoto dettato da diverse operazoni, ma sarebbe ancora influente lo storico clan Tornese della Scu
LECCE – “Le città di Lecce e Brindisi sono state teatro di cruente dinamiche conflittuali, tra gruppi antagonisti per il controllo sul territorio e la supremazia del traffico delle sostanze stupefacenti. Frequenti e intensi appaiono i “rapporti d’affari” tra esponenti della criminalità organizzata attivi nella fascia del nord leccese e quelli operanti a sud della provincia brindisina”.
Come negli albori e negli “anni d’oro” della Sacra corona unita, c’è un filo criminale che unisce le province di Lecce e Brindisi, con le frange locali della criminalità organizzata pronte a contendersi il mercato della droga, oggi come ieri il canale più redditizio e incrollabile (a dispetto di ogni crisi economica) tra le attività illecite.
E’ quanto emerge dalla relazione, relativa al secondo semestre del 2012, della Direzione investigativa antimafia, che traccia la consueta analisi delle province salentine. Lo stesso procuratore di Lecce Cataldo Motta ha evidenziato, a margine di una recente operazione, come sia Torchiarolo (comune al confine tra le province di Lecce e Brindisi) uno dei centri nevralgici nel traffico di sostanze stupefacenti.
“Nel Salento – si legge nella relazione – lo spaccio delle sostanze stupefacenti, l’usura e le estorsioni rappresentano le maggiori fonti di guadagno del network criminale, sul quale i capi storici della Sacra corona unita, benché detenuti, continuano a mantenere un forte ascendente”. I recenti fatti di sangue e le cronache degli ultimi mesi dimostrano, del resto, come tra le “nuove leve” non siano emersi (grazie anche alla pronta ed efficace risposta di magistratura e forze dell’ordine) personaggi in grado di riempire il vuoto di potere creato da arresti e condanne che hanno decapitato la criminalità organizzata locale.
Come già accaduto negli anni Novanta, sono le rapine uno dei canali di approvvigionamento preferiti per incamerare denaro utile a garantire assistenza ai detenuti e i loro nuclei familiari, sostegno a eventuali latitanti e da reinvestire nel traffico di sostanze stupefacenti. “I locali sodalizi – evidenzia la Dia – sono altresì dediti alle rapine ai danni di stazioni di servizio, supermercati e farmacie, come fonte immediata di liquidità”.
Riguardo alle lotte intestine e la recrudescenza di fatti di sangue e sparatorie, si sottolinea come “alcuni episodi intimidatori e violenti registrati nelle province salentine non lasciano escludere l’insistenza di criticità tra soggetti antagonisti”, soprattutto nel capoluogo e nei comuni di Squinzano e Galatone. “La disarticolazione investigativa e giudiziaria dei gruppi di tramandata appartenenza alla Sacra corona unita – si legge ancora nella relazione – e l’opzione collaborativa scelta da alcuni dei loro esponenti di vertice, hanno generato un riposizionamento degli equilibri in cui si distinguono soggetti emergenti”.
“Nella provincia – scrivono ancora gli inquirenti – il clan Tornese controlla le attività illecite del versante occidentale ed esercita la propria pressione criminale fino al basso Salento”.