Cronaca

La "bomba ecologica" fa paura: in profondità tonnellate di rifiuti mai trattati

Stanno continuando anche oggi i controlli del pool di esperti incaricati dalla Procura di sondaggi nel terreno accanto all'ex inceneritore. Le ruspe stanno estraendo un volume definito anomalo dagli stessi inquirenti di "tal quale". Tonnellate di spazzatura gettata alla rinfusa nella busta chiusa

LECCE – Chiamarla “bomba ecologica” è persino riduttivo. Una definizione migliore, per quella discarica a cielo aperto alle porte di Lecce, è probabilmente “ordigno nucleare ecologico”. E più le ruspe affondano i bracci meccanici sotto cumuli di terra e cenere, più spazzatura spunta fuori. Tonnellate e tonnellate di spazzatura. Intere buste piene di rifiuti gettate alla rinfusa. Il cosiddetto “tal quale”. Cioè, come da glossario: “Rifiuti solidi urbani che non hanno subìto alcun tipo di trattamento atto a diminuirne il volume o ad alterarne il contenuto”.

Decenni di scarti d’ogni tipo dei cittadini leccesi sono andati a gonfiare il terreno, creando un mostruoso avallamento. Una collinetta che si erge oggi a simbolo dell’incuria più totale. E se è vero che la falda acquifera non è stata contaminata, come hanno già constatato i tecnici in passato, questo è puramente un miracolo.

Ma i miracoli da soli non bastano. Così come non bastano i sondaggi, che servono giusto a fare chiarezza. Occorre, in realtà, un programma urgente di bonifica di quel suolo accanto al rudere che un tempo ospitava l’inceneritore della Saspi. Un terreno un tempo del Comune e poi ceduto a un privato. Urge, insomma, fare tabula rasa di quel monumentale tappeto di sudiciume.        

Stanno continuando anche oggi le verifiche all’interno del terreno recintato alle spalle dello svincolo per Lizzanello della Tangenziale Est, attiguo all’impianto ormai in disuso dal 1989. Gli inquirenti non hanno nemmeno un’idea precisa di quanto, ancora, covi in profondità e per quanti metri.

Le analisi sono affidate all’Arpa. Sono già stati prelevati campioni, ma è quasi una formalità. Tutto quello che c’è da sapere, è visibile in buona sostanza a occhio nudo. Il contenuto di migliaia di buste di spazzatura, dunque, non è mai stato trattato.

Tant’è che, chi oggi si trova sul posto, sapeva già che avrebbe trovato le ceneri provenienti da quanto veniva regolarmente bruciato, ma non pensava anche di scovare un volume così ampio di “tal quale”. Un volume definito tout court anomalo persino da chi è abituato a indagare su fenomeni simili.

L’incarico di fare luce in modo (si spera) definitivo su un argomento scottante e che si trascina avanti da anni è stato conferito dal procuratore aggiunto Ennio Cillo e dal sostituto Donatina Buffelli a un pool di esperti che, oltre l’Arpa, contempla anche i carabinieri del Noe di Lecce, guidati dal maggiore Nicola Candido, i consulenti Mauro Sanna (chimico) e Cesare Carocci (geologo) e i vigili del fuoco del Nucleo antibatteriologico.

Al momento sono quattro gli indagati, a vario titolo, con le ipotesi di reato di gettito pericoloso di cose, danneggiamento e omessa bonifica. Si tratta degli imprenditori Pietro Colucci, Riccardo Montingelli e Raffaele Montingelli, ex dirigenti delle ditte che nel tempo hanno usato quel sito, e del dirigente del settore Ambiente del Comune, Fernando Bonocuore. Ma l’inchiesta, che ha fatto un primo passo importante nel marzo del 2013, potrebbe anche ampliarsi.  


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