Cronaca

L'accusa di un uomo: "Minacciato di morte in un bar per ritirare una denuncia"

Un 42enne leccese in questura ha indicato i nomi di madre e figlia con cui ha una pendenza dal giudice di pace. Quest'ultima avrebbe usato toni pesanti

LECCE – Minacce per far rimettere una querela per minacce. E alla fine è arrivata un’altra querela per minacce. E quindi potrebbe instaurarsi un nuovo procedimento giudiziario a stratificarsi su un altro procedimento giudiziario.

Non è uno scioglilingua, ma quanto denunciato in questura da un 42enne di Lecce. Protagoniste della vicenda, dall’altro lato due donne, madre e (soprattutto) figlia. L’incontro fra i tre in un noto bar cittadino nei pressi di viale Giovanni Paolo II, ieri mattina, sarebbe stato del tutto casuale e di certo poco gradevole.

C’è, infatti, un contenzioso pendente davanti al giudice di pace e a quanto pare il 42enne non avrebbe acconsentito a una richiesta precedente di rimessione della querela. E questo potrebbe essere all’origine della sfuriata. E’ chiaro per il momento si tratta unicamente di una versione di parte, per cui vi dovranno essere accertamenti. Tant’è: il 42enne, intimorito, s’è recato in questura e presso l’ufficio denunce ha rilasciato la sua versione.

Il fatto sarebbe avvenuto in un noto bar, peraltro alla presenza di diversi testimoni, oltre ai gestori stessi. L’uomo ha raccontato di trovarsi verso le 8,45 del mattino, seduto in una saletta a consumare una colazione e parlare al cellulare, quando all’improvviso sarebbero entrate le due donne che conosce molto bene, visto che come detto è già aperto un confronto in tribunale.

Secondo il racconto dell’uomo, la figlia, in particolare, lo avrebbe scorto nella saletta e al quel punto si sarebbe avvicinata con modi poco amichevoli, strappandogli di mano il cellulare e iniziando ad apostrofarlo davanti a tutti in ogni modo.

Una sequela di insulti, fra cui la locuzione “lurdu infame” spicca per esser giusto la meno pesante. Il tutto, seguito da parole precise, che il 42enne ha rappresentato nel corso della denuncia: “Adesso finalmente ti ho trovato e ti sto dicendo di ritirare immediatamente la denuncia perché altrimenti ti uccido”. E via su questo tono, ancora per un po’, a voce molto alta e sempre in dialetto (ma riportato in italiano in sede di denuncia), prima di “accomiatarsi”.

In realtà, protestando per essere lasciato in pace, e avendo il 42enne anche composto il 113 dopo aver recuperato il cellulare strappatogli di mano, solo grazie all’intervento di uno dei gestori, che avrebbe invitato la donna a uscire dal locale, lei se ne sarebbe andata insieme con la madre, tornando all’auto parcheggiata sul viale. Non senza, però, un ultimo “omaggio”: mignolo e anulare chiusi, indice e medio uniti, pollice aperto. Il segno della pistola, insomma, puntata verso l’uomo. E a quel punto, il malcapitato non ha potuto fare altro che recarsi di persona dalla polizia a raccontare tutto. Ecco, dunque, che potrebbe aprirsi un caso.


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