Cronaca

Batosta per i ladri di bestiame, condanne dure dopo i furti seriali all'allevatore

Quattro anni a Vito Mazza, due anni e sei mesi a Maurizio Dinoi. Il processo con il rito direttissimo. Da Manduria si spostavano verso Pittuini, fra Porto Cesareo e Nardò. Tre i colpi riusciti, l'ultimo solo tentato: la polizia li ha sorpresi in flagranza. E intanto s'indaga anche su altri episodi simili

LECCE – E’ stata una vera e propria batosta, quella inflitta dal giudice monocratico Roberto Tanisi ai due ladri di bestiame di Manduria, rei confessi dopo l’arresto in flagranza. Stavano per eseguire il quarto colpo di fila, a Pittuini, fra Porto Cesareo e Nardò, e di fronte all’evidenza, cioè quando sono stati trovati anche gli altri ovini rubati nelle settimane precedenti, hanno ammesso gli altri tre colpi. Vito Mazza, 36enne, sorvegliato speciale con obbligo di soggiorno (quindi, dal suo comune, in provincia di Taranto, non si sarebbe potuto spostare), è stato condannato a quattro anni. Il “socio” in questo losco affare, Maurizio Dinoi, 32enne, invece, ha ricevuto una pena di due anni e sei mesi. Il processo s’è celebrato ieri con il rito direttissimo. I due erano difesi dall'avvocato Armando Pasanisi dello studio legale di Franz Pesare, di Sava.  

L’indagine, condotta dagli agenti di polizia del commissariato di Nardò, coordinati dal vicequestore aggiunto Pantaleo Nicolì, è nata dopo una serie di furti che stava mettendo in crisi diversi allevatori. Uno in particolare, a Pittuini, ne aveva subiti ben tre di fila e i ladri si stavano apprestando a compiere il quarto ai suoi danni, quando è scattata la trappola.

Gli agenti hanno notato e seguito un furgone Ducato bianco sospetto sulla statale Nardò-Avetrana. Quando le intenzioni sono apparse chiare, sono usciti allo scoperto, bloccando Mazza e Dinoi. Avevano appena squarciato la rete di recinzione del podere dell’allevatore, per potersi introdurre con tutto il furgone.

S’è così scoperto che, tramite quel furgone, aveva già eseguito almeno tre colpi, rubando di volta in volta dieci fra capre e pecore e conducendole in un terreno di proprietà di Mazza, nella zona di Manduria. Ai capi di bestiame avevano tolto il contrassegno sull’orecchio, ma niente avevano ovviamente potuto fare per il microchip nello stomaco. E’ grazie a questi apparecchi che s’è potuto provare in maniera certa chi fosse il vero proprietario, vale a dire – giusto per puntualizzare - l’allevatore che aveva sporto denuncia. Che così ha potuto gustare il piacere di vedere il suo gregge ricomporsi.

Altre curiosità sono poi emerse in corso d’opera. I due uomini di Manduria usavano per gli spostamenti un furgone impiegato solitamente per raccogliere ferraglia. Un modo per cercare di non dare nell’occhio, quantomeno non far trasparire le vere intenzioni. Ma, appunto, invece di scarti, “raccoglievano” ovini, ben più pregiati. Ma che fine avrebbero fatto? Due le ipotesi tracciate dagli investigatori: avrebbero potuto prendere strade verso Paesi esteri, per esempio l’Albania, o essere destinati alla macellazione clandestina. L’operazione della polizia di Nardò chiude dunque il cerchio su almeno alcuni degli autori di furti di questo genere. Perché il problema sembra più ampio e non va sottovalutato.

Basti ricordare che, a metà maggio, un pastore è stato aggredito con particolare rudezza da ignoti, sempre nella zona di Porto Cesareo. In quel caso il colpo, almeno inizialmente, è stato ingente: ben 250 capi di bestiame. Tuttavia, i ladri, nell’occasione, come scoperto dai carabinieri, che indagano sull'accaduto, si sono dovuti accontentare soltanto di quaranta capi, non potendo evidentemente trasportarli tutti. Anche in quel frangente, dunque, potrebbero essere stati usati piccoli furgoni, come il Ducato dei due uomini di Manduria. Se vi sia un nesso, non si sa, ancora. Cioè, non è chiaro se vi siano una o più bande dedite all’abigeato. Di certo, i furti messi a segno da Mazza e Dinoi erano più accorti nella tecnica e meno eclatanti. Nessuna aggressione, né tentativi di portare via in un colpo solo intere greggi. Nondimeno, il danno per le vittime era basso.           


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