Cronaca

In fiamme il furgone del padre di Barba, l'imputato del clan Scu

L'incendio in via Galatone. Distrutto il furgone in uso alla famiglia di Giuseppe Barba che di recente ha manifestato l'intenzione di collaborare con la giustizia riguardo alle vicende giudiziarie che vertono sul clan Padovano

I segni lasciati dal rogo (foto LeccePrima, tutti i diritti riservati).

 

GALLIPOLI – Misterioso incendio nella notte a Gallipoli, dove ad andare parzialmente a fuoco è stato un furgone Kangoo bianco posteggiato in via Galatone, in uno slargo, accanto ad una toeletta per cani. In un palazzo vicino, in via Trieste, risiedono i genitori di Giuseppe Barba, uno degli imputati nel processo al clan Padovano e che di recente ha manifestato l’intenzione di collaborare con la giustizia. Il furgone, che disponeva di una cella frigorifera, è intestato a Lucia Barba, 22enne, figlia del fratello di Giuseppe Barba, ma in uso in particolare al padre dell'imputato, Mario Barba, 68enne, già titolare di una pescheria e ora in pensione.

Sul posto sono intervenuti i vigili del fuoco del distaccamento locale, che hanno spento il rogo. In fiamme è andata la parte anteriore del furgone, che questa mattina è stato rimosso. Le cause di quanto avvenuto sono al momento in via d’accertamento. Sul posto, per i rilievi, sono intervenuti gli agenti di polizia del commissariato locale.

Le indagini della polizia stanno cercando di fare luce per capire se sia un evento doloso, come si sospetta (anche se non sarebbero state trovate al momento chiare tracce e non si esclude neanche il cortocircuito), e se il tutto possa essere messo in relazione proprio con il  processo in atto, per il quale la Procura sta vagliando la posizione di Giuseppe Barba. Al momento, ovviamente, si tratta di pure ipotesi.

Barba, come noto, è stato arrestato insieme ad altri presunti affiliati al clan, nell’ambito dell’indagine sull’omicidio di Salvatore Padovano, alias “Nino Bomba”, commissionato, per sua stessa ammissione, dal fratello Pompeo Rocco Padovano. L’esecuzione, che risale al 6 settembre 2008, fu affidata ad un siciliano trapiantato a Busto Arsizio, Carmelo Mendolia, che nei giorni scorsi ha deposto in aula, rilasciando la sua versione dei fatti, con dettagli shockanti.

In queste ore, i genitori e la sorella di Barba sono stati convocati presso il commissariato di polizia, per essere ascoltati sulla vicenda del furgone andato in fiamme. Nel frattempo, sono stati messi in atto servizi di controllo nei confronti di pregiudicati locali. La polizia sta anche acquisendo i nastri delle telecamere di attività commerciali che sorgono nella zona, per cercare di scoprire se abbiano immortalato movimenti sospetti.   

Nel corso dell’udienza del 12 gennaio scorso, sono stati ascoltati tre collaboratori di giustizia: Simone Caforio, Giorgio Manis e Dario Toma. Quel giorno, tra i banchi era presente anche Giuseppe Barba, che presto potrebbe far parte del gruppo di pentiti: al momento, in carcere, si trova in isolante, con lo status di "dichiarante",  passo che precede l'eventuale passaggio al programma di protezione. Lo stesso Barba è ritornato in aula, scortato da due agenti, anche il 16 febbraio, il giorno in cui ha deposto Mendolia. L’uomo, che è difeso dall’avvocato Paola Scialpi, di recente avrebbe ricevuto anche una lettera intimidatoria, nella quale le minacce sarebbero state estese anche nei confronti di suoi congiunti. 


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