Cronaca

In carcere troppi detenuti, pressioni, proteste e microcellulari

La fotografia del penitenziario di Lecce nei mesi dell’emergenza, contenuta nelle relazioni redatte in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario dal presidente della Corte d’Appello e dal procuratore generale

LECCE - Sovraffollamento, pressioni da parte di esponenti della criminalità organizzata sul personale di polizia penitenziaria per ottenere favori, proteste “pilotate per ottenere benefici”, l’utilizzo di piccoli cellulari da parte di alcuni tra i detenuti più pericolosi.

Ne parlano il presidente della Corte d’Appello di Lecce Lanfranco Vetrone e il procuratore generale (pg) Antonio Maruccia, nelle loro relazioni sull’anno giudiziario che si è appena concluso.

“E’ un settore quello carcerario al quale guardiamo con attenzione e adottando le contromisure per le dinamiche criminali che da esso si dipartono; basti pensare alla quantità di microcellulari introdotti illecitamente nei penitenziari coi quali la criminalità organizzata e mafiosa tiene i collegamenti con l’esterno, come riferisce la Direzione distrettuale antimafia”, scrive il pg.

Secondo il procuratore generale, la stagione carceraria è stata affrontata e gestita con grande competenza ed equilibrio da parte degli uffici giudiziari e dei dirigenti delle strutture detentive: i casi di diffusione di infezione da Covid 19 a danno di detenuti e di operatori penitenziari sono stati davvero pochi e tutti controllati in maniera efficace.

Sono state pochissime, inoltre, le scarcerazioni per effetto della normativa emergenziale, a riprova, secondo il pg, della tenuta degli uffici giudiziari e soprattutto della buona gestione sanitaria delle strutture.

Nel carcere di Lecce, il picco delle presenze, 1.117, si è avuto il 26 febbraio scorso, alla vigilia del lockdown, scendendo di 61 unità nel novembre successivo. Ma la struttura ha una capienza di 632 posti, ai quali se ne aggiungono 174 nel nuovo padiglione che sebbene aperto nel giugno 2020, non è ancora andato a regime per l’assenza di lavori strutturali e la mancata attivazione di un intero piano.

Questo limite viene superato da tempo. Le cose sono certamente migliorate rispetto al passato, prima che entrasse in vigore la legge cosiddetta “svuota carceri”: nel 2011 gli ospiti erano 1.350, nel 2012, 1.269.

Si tratta di dati preoccupanti, secondo il presidente Vetrone, perché in costante crescita e in ogni caso di gran lunga superiori alla capienza regolamentare.

Rispetto al 2018, nel 2020, si è registrato anche un aumento delle presenze per reati di associazione mafiosa: in riferimento alla Mafia, i reclusi sono stati 27 (il 19 percento in più); alla Camorra, 50 (il 29 percento in più); all’Ndrangheta, 33 (il 12 percento in più); alla Sacra Corona, 84 (il 34 percento in più).

Nella relazione, il numero uno della Corte d’Appello ha tenuto conto anche delle iniziative incoraggianti che si sono tenute nel penitenziario di “Borgo San Nicola”, “segno di una crescente umanizzazione della pena”. Tra queste, l’impegno a offrire sostegno emotivo alle famiglie impossibilitate, a causa dell’emergenza, di far visita ai parenti ristretti. Grazie all’associazione “Fermenti lattici”, per esempio, sono stati realizzati dei videomessaggi in cui i detenuti spiegavano ai figli le regole del distanziamento sociale e le motivazioni della chiusura dei colloqui.

Certo è che quando gli incontri sono ripresi, alcuni esponenti del crimine organizzato avrebbero fatto pressioni affinché si svolgessero senza le barriere anticontagio che impediscono il passaggio, oltre che del virus, anche di quello fraudolento di oggetti e scoraggiano le comunicazioni compromettenti. 

Ma non finisce qui. Durante il lockdown, sono stati segnalati, a livello nazionale, accordi tra diversi esponenti della criminalità organizzata detenuti in istituti diversi , volti a “pilotare” le proteste che divampavano a macchia di leopardo, con l’obiettivo di aprire un negoziato con l’Amministrazione penitenziaria sulla concessione dei benefici, sulla ammissione alle misure alternative alla detenzione e sull’ottenimento di alcuni vantaggi (per esempio chiamate su Skype, corrispondenza telefonica non prevista dall’Ordinamento penitenziario e su cellulari).


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