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Il Gruppo Comdata fornisce i suoi numeri: 188 i lavoratori non confermati

Nota di precisazione della società che assicura 120 nuove stabilizzazioni entro l'anno. Resta il nodo, per le realtà del settore, delle unità a tempo e in somministrazione, secondo il tetto del 30 per cento

LECCE – I mancati rinnovi dei contratti a tempo presso la sede leccese del contact center del Gruppo Comdata sono imputabili al calo del flusso delle chiamate (le telefonate che gli addetti ricevono). Secondo l'azienda, dunque, non ci sono altre ragioni, insomma, se non questa, legata ad un andamento stagionale.

I mancati rinnovi sono 188

Nei giorni scorsi la notizia aveva sollevato polemiche sul fronte politico e sindacale: sollevata dalla Cgil in occasione della mancata conferma di alcuni lavoratori. Quasi 200 ha scritto il primo novembre il sindacato, attribuendo la responsabilità di questa scelta agli effetti “collaterali” del decreto Dignità, introdotto per limitare il ricorso al lavoro precario.

No, si trattava di 130, hanno risposto sei deputati del M5S accusando la Cgil di strumentalizzazione politica – cioè di voler danneggiare il governo -, e la stampa di cattiva di informazione.  Intanto su questo punto il comunicato di Comdata consente di dare una cifra ufficiale, quella, appunto, di 188 lavoratori.

L’azienda ha anche dichiarato, sempre nella sua nota di precisazioni, che il numero dei contratti a tempo indeterminato è di circa 1300, aggiungendo che negli ultimi tre anni sono stati stabilizzati 350 lavoratori e che presto lo saranno altri 120, attingendo al bacino delle unità in somministrazione. Dei nuovi assunti, 40  saranno selezionati da coloro che hanno cessato la collaborazione nei mesi scorsi.

La variabile dei lavoratori a tempo

Ma quanti sono i lavoratori impiegati in totale presso la sede leccese? Lo abbiamo chiesto, ma la società che cura i rapporti esterni del gruppo non ha inteso fornirci il numero complessivo. Per avere una idea di quale sia, almeno in maniera approssimativa, ci siamo rifatti al tavolo di agosto con tutte le rappresentanze sindacali: in quella sede si parlò di circa 2200 occupati, di quali 1136 a tempo indeterminato.

Da allora ad oggi, dunque, la quota degli stabilizzati tende ad aumentare (fino ai circa 1300 citati nella nota e in attesa di altre 120 assunzioni), mentre quella dei “precari” sembra seguire il percorso inverso. Fonti sindacali riferiscono, dopo la mancata conferma di 188 unità, di una platea di circa 600 lavoratori a tempo. Il rapporto tra le due tipologie è fondamentale per il rispetto dei nuovi vincoli normativi.

L'impatto dell'articolo 2 del decreto Dignità

Una panoramica esaustiva sarebbe infatti utile per comprendere l’impatto sull’azienda dell’articolo 2 del decreto Dignità che pone, per i contratti a tempo determinato, un limite del 30 per cento sulla platea dei lavoratori assunti a tempo indeterminato. La novità rispetto a quella voluta dal precedente governo, che poneva un limite del 20 per cento, sta nel fatto che nella quota limite devono essere considerati adesso anche i lavoratori in somministrazione. Ecco, dunque, la discriminate sulla quale, verosimilmente, si sta giocando la partita.

Il tetto del 30 per cento, questo deve essere chiaro, va applicato al datore di lavoro, in questo caso inteso come il gruppo nella sua interezza, e non certo solo alla sede di Lecce. È evidente, tuttavia, che il vincolo introdotto dal governo sta avendo un impatto forte sulle grandi realtà che hanno fatto negli anni un ricorso continuo e massiccio al lavoro in somministrazione anche in relazione alle fluttuazioni delle commesse e delle chiamate. Con quali effetti sul piano occupazionale, lo potranno dire solo i mesi a venire. Ci vuole del tempo, insomma, per comprendere se l’adeguamento alle norme comporterà un saldo positivo o negativo tra stabilizzazioni e cessazioni di rapporti a tempo.


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